Condominio – la Cassazione fissa alcuni punti sul decoro architettonico

In epoca recente – il riferimento è all’ordinanza n. 30876 del 19.10.2022 [relatore: Dr. Antonio Scarpa], per la quale chi scrive esprime riconoscenza a www.condominioweb.com del 22.11.2022 – la Corte di Cassazione ha colto l’occasione di fissare alcuni punti sul decoro architettonico dell’edificio e sulla sua lesione.

Il quadro normativo

Il “decoro architettonico dell’edificio” viene menzionato in svariate disposizioni: l’art. 1117 ter cod. civ., l’art. 1120 cod. civ., l’art. 1122 cod. civ., l’art. 1122 bis cod. civ. e l’art. 1138 cod. civ..

L’interpretazione della legge, inoltre, ha “introdotto” questo concetto anche nell’applicazione di norme che, sul piano letterale, non lo menzionano. Basti pensare all’art. 1102 cod. civ., in tema di “Uso della cosa comune” e di modifiche della stessa, nel cui ambito di applicazione è stata “inserita” la lesione del decoro architettonico per “identità di ‘ratio’” [così l’ordinanza n. 30876 del 19.10.2022, al centro di questo contributo].

Il legislatore prende in considerazione questo concetto essenzialmente sotto lo specifico profilo della sua lesione, espressamente vietata e posta come limite invalicabile all’autonomia privata e anche alla “libertà di manovra” della compagine condominiale.

Un concetto “sfuggente” e un ambito di applicazione non del tutto chiaro

L’esperienza insegna – chiunque operi all’interno dell’“universo condominio” lo sa fin troppo bene – che spesso l’identificazione della nozione di “decoro architettonico dell’edificio” e, più ancora, l’individuazione della sua portata pratica e della sua applicazione nella realtà quotidiana costituiscono un’autentica sfida.

Negli anni sono state sollevate – soprattutto nel legittimo e persino doveroso esercizio dell’attività difensiva – molte questioni che hanno “impattato” sulla ricaduta concreta del divieto di lesione del decoro architettonico dell’edificio, spesso costringendo gli interpreti a un “super-lavoro” intellettuale e anche di fantasia.

Ecco perché le occasioni in cui la Suprema Corte interviene per “fare il punto” risultano così preziose, al punto da rendere opportuno, quasi doveroso, richiamare l’attenzione su di esse.

L’ordinanza della Corte di Cassazione 19.10.2022 n. 30876

La Suprema Corte affronta espressamente la “nozione di decoro architettonico”, statuendo espressamente – anche con il richiamo “ad es.” a Cass. 30.8.2004 n. 17398 – che essa “attiene a tutto ciò che si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare struttura e fisionomia estetica ed armonica, che contribuisce a dare ad esso una sua specifica identità”.

Il giudice delle leggi, quindi, ribadisce con chiarezza il concetto: il decoro architettonico è dato dalla “somma” di tutti quegli elementi architettonici che contribuiscono a fare dell’edificio ciò che esso è e a renderlo unico e immediatamente riconoscibile.

Fatto questo, la Corte prende in esame – è quasi una carrellata “effetto – drone” – le “sfide” che, negli anni, sono state poste dalla prassi e, quindi, dal contenzioso alla concreta applicabilità del concetto teorico appena esposto.

In questo senso la Corte – ancora “appoggiandosi” ad alcuni suoi precedenti arresti [Cass. 19.6.2009 n. 14455, Cass. 14.12.2005 n. 27551 e Cass. 30.8.2004 n. 17398] – “smarca” alcuni concetti spesso ricorrenti quando si affronta il tema del decoro architettonico dell’edificio condominiale e della sua tutela:

  1. non occorre che il fabbricato abbia un particolare pregio artistico
  2. non “rileva che tale fisionomia sia stata già gravemente ed evidentemente compromessa da precedenti interventi sull’immobile”;
  3. anche “la diminuzione di valore economico correlata alla modifica” non “è decisiva”;
  4. non ha rilevanza “che si tratti della facciata principale o di una facciata secondaria dell’edificio” e questo perché “nell’ambito del condominio edilizio, le facciate stanno ad indicare l’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato, imprimendogli una fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico”.

In relazione a quanto sub c) il ragionamento della Corte è interessante:

  • ove (…) sia accertata una alterazione della fisionomia architettonica dell’edificio condominiale, il pregiudizio economico risulta conseguenza normalmente insita nella menomazione del decoro architettonico
  • ciò in quanto il decoro architettonico costituisce “una qualità del fabbricato” la cui lesione “è tutelata – in quanto di per sé meritevole di salvaguardia – dalle norme che ne vietano l’alterazione (così Cass. Sez. 2, 13/11/2020, n. 25790; Cass. Sez. 2, 31/03/2006, n. 7625; Cass. Sez. 2, 24/03/2004, n. 5899; Cass. Sez. 2, 15/04/2002, n. 5417)”.

In un passo successivo della sua motivazione l’ordinanza torna ancora sulla nozione di decoro architettonico dell’edificio, statuendo apertis verbis che si tratta di una nozione “che la legge configura con disposizione delineante un modulo generico, il quale richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante l’accertamento della concreta ricorrenza, nella vicenda dedotta in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo, ponendosi sul piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici”.

Riepilogo e sintesi

Come già detto, è importante e apprezzabile, nell’ottica della tanto agognata certezza del diritto, che talvolta la Corte di Cassazione “metta il punto” su concetti che tanto hanno dato – e ancora danno – origine a contenzioso.

Chi scrive prova, quindi, a “sfruttare” il lavoro della Corte per riepilogare sinteticamente e schematicamente alcuni concetti in ordine alla lesione – e alla “speculare” tutela – del decoro architettonico dell’edificio condominiale:

  • il decoro architettonico dell’edificio è una qualità del fabbricato;
  • anche i fabbricati privi di pregio artistico / architettonico hanno tale qualità, con la conseguenza che la stessa può essere menomata anche in quegli edifici;
  • il decoro architettonico dell’edificio permane anche se la fisionomia dell’edificio è già stata in precedenza compromessa, con la conseguenza che la sua lesione non può essere esclusa per effetto della preesistenza di tali forme di compromissione;
  • l’intervento idoneo ad alterare la fisionomia del fabbricato può essere eseguito – nel senso che risulta comunque idoneo a ledere il decoro – su qualsiasi facciata di esso, anche secondaria e meno visibile;
  • la lesione del decoro architettonico dell’edificio prescinde dalla dimostrazione di un pregiudizio economico, in quanto la sussistenza di siffatto pregiudizio consegue automaticamente dalla lesione ed è in re ipsa.
Leave a Reply