La riforma del condominio del 2012 / 2013 ha elevato a norma di legge – si tratta dell’art. 1118, quarto comma, cod. civ. – un principio di portata generale, in precedenza già “distillato” dall’insegnamento giurisprudenziale: quello che consente al singolo condomino, al ricorrere di certi presupposti e a determinate condizioni, di staccare la sua unità dall’impianto centralizzato di riscaldamento o condizionamento.
In questa sede si vuole focalizzare l’attenzione sui c. d. “consumi involontari”, dall’onere dei quali il condomino che si rende termo-autonomo non può comunque liberarsi
I termini della questione – il dato normativo
La questione è, invero, piuttosto semplice:
- un edificio condominiale è dotato di un impianto di riscaldamento / condizionamento centralizzato;
- il condomino Rossi vuole staccare la sua unità da tale impianto e renderla autonoma;
- con decorrenza dal 2013 – e anche da prima, se si guarda all’elaborazione giurisprudenziale – questo distacco è legittimo;
- in merito a tale legittimità l’art. 1118, quarto comma, cod. civ. appare chiaro: “Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”;
- la disposizione appare chiara anche in ordine alle conseguenze – per il condomino che ne è autore – di tale distacco: “In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.
Alla luce di quanto precede sembra di poter concludere che il distacco della singola unità dall’impianto centralizzato di riscaldamento / condizionamento
- è legittimo alla duplice condizione che
- non comporti notevoli squilibri di funzionamento dell’impianto
- non abbia come conseguenza il prodursi di aggravi di spesa a carico degli altri condomini
- comporta, a carico dell’autore di tale distacco, l’obbligo
- di farsi comunque carico delle spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto
- di farsi comunque carico delle spese per la conservazione e messa a norma dell’impianto.
I c.d. “consumi involontari”
Balza agli occhi ciò che non resta a carico del condomino autore del distacco: le spese legate alla manutenzione ordinaria dell’impianto e le spese legate ai consumi.
Si tratta – la cosa è evidente – di oneri strettamente legati all’utilizzo dell’impianto ed è, quindi, ragionevole che il condomino, il quale non sia “protagonista” di tale utilizzo, ne sia esentato.
Balza, però, agli occhi con altrettanta evidenza che il legislatore ha omesso di specificare qualcosa in ordine ai c.d. “consumi involontari” e cioè a quei consumi che sono da ricondurre al combustibile non destinato a riscaldare un qualche ambiente.
Si parla, a tale proposito, anche di quota di inefficienza dell’impianto.
Si tratta, in buona sostanza, di quella parte del combustibile che “va sprecato” nell’ambito dell’edificio, finendo per contribuire al riscaldamento di ambienti che di riscaldamento non hanno alcuna necessità (corsello dei box, corridoio del vano cantine, ecc.)..
Sono quei consumi che – così il Tribunale di Brescia nella sentenza n. 723 dell’8.4.2020 (in Redazione Giuffrè 2020) – “riguardano soprattutto le dispersioni di calore dell’impianto, ricollegabili alla distribuzione di accumulo”.
Se la logica fosse quella dell’esenzione da tutto ciò che è legato all’utilizzo dell’impianto, allora si dovrebbe ritenere che il condomino autore del distacco sia esentato dal farsi carico di una quota dei “consumi involontari”: questi, infatti, derivano dall’utilizzo dell’impianto e cioè da qualcosa, cui il citato condomino è estraneo.
La giurisprudenza, invece, ha seguito un ragionamento diverso:
- i “consumi involontari” derivano dalla “dispersione del calore erogato nelle unità contigue” a quella distaccata e sono legati alla circostanza che “la messa ed il mantenimento in funzione dell’impianto centralizzato comporta l’immissione di acqua calda (…) anche nelle tubazioni comuni” [così Tribunale Savona 10.2.2022 n. 115, in Redazione Giuffrè 2022];
- ne viene che anche i condomini che non usufruiscono dell’impianto centralizzato “beneficiano di fatto degli effetti della sopra citata dispersione di calore” [idem];
- la conseguenza è semplice: anche i condomini che non usufruiscono dell’impianto centralizzato devono “contribuire alle spese per i consumi involontari” [idem];
- in caso contrario “vi sarebbe un incremento dei costi sostenuti dagli altri condòmini” [idem] e questo sarebbe in pieno e aperto contrasto con il già visto dettato dell’art. 1118, quarto comma, cod. civ..
Per quanto consta, la giurisprudenza – allo stato, solo di merito – è uniforme in tale direzione interpretativa: si vedano Tribunale Roma 8.4.2019 n. 7568 (in Guida al diritto 2020, 3, 52), Tribunale Roma 2.1.2019 n. 8 (in Condominioelocazione.it 2019) e Tribunale Roma 4.5.2017 n. 8736 (in Condominioelocazione.it 2017).
Considerazione finale e di sintesi
Chi scrive ritiene che la soluzione cui “è approdata” la giurisprudenza sia ragionevole e condivisibile.
Se è vero, infatti, che l’unità distaccata dall’impianto centralizzato non dà origine ai consumi legati a detto impianto, è altrettanto vero che da quei consumi anch’essa trae – involontariamente, ma anche ineludibilmente – beneficio. E questo beneficio deve, in qualche maniera e misura, essere pagato.
Il punto delicato è, quindi, costituito dall’individuazione di tali “consumi involontari”. Dalla determinazione, cioè, di quale parte dei consumi possa e debba ritenersi non strettamente legato alle singole unità collegate all’impianto centralizzato.
Tale individuazione è di competenza di un tecnico specializzato. La già ricordata pronuncia n. 723/2020 del Tribunale di Brescia appare illuminante: “Questi consumi vanno suddivisi in base ai millesimi di riscaldamento calcolati da un tecnico abilitato e tengono conto del fabbisogno energetico delle singole unità immobiliari, ossia della quantità di energia che ogni appartamento dovrebbe idealmente prelevare per mantenere una temperatura interna costante di 20°C durante l’intero periodo in cui è attivo il riscaldamento. Nel calcolare il fabbisogno, il tecnico deve considerare solo le parti comuni ed eventualmente consigliare qualche modifica alle stesse (la realizzazione di un cappotto termico, la coibentazione del tetto, ecc). Sono invece escluse le migliorie che riguardano gli interni delle singole unità immobiliari (sostituzione degli infissi, isolamento delle pareti, ecc), considerati ai fini della redazione della tabella interventi irrilevanti”.
Il risultato di tale lavoro del tecnico deve ovviamente essere fatto suo dall’assemblea condominiale.
Avv. Marco Ribaldone