Nel computo della maggioranza delle “teste”, il condomino deve essere contato (quasi) due volte – Avv. Marco Ribaldone

Il tema è interessante e ha una ricaduta pratica evidente, per quanto poco frequente.

E’ noto che, nel contesto della c. d. doppia maggioranza, in assemblea i condomini hanno “pesi” diversi per quello che la legge definisce come il “valore dell’intero edificio” e, invece, “pesi” identici per quanto attiene al quorum legato alla presenza fisica. Detto altrimenti: ciascun condomino ha un suo “peso” per quanto attiene alla sua “caratura” millesimale, ma tutti “pesano” per 1 per quanto attiene alla c. d. maggioranza “delle teste”.

Esistono, tuttavia, casi in cui la testa di uno stesso condomino deve essere “contata” più di una volta, benché in maniere diverse

 

I termini della questione in punto di fatto e in punto di diritto

Schematicamente e in sintesi:

  • nel diritto condominiale e nella “vita” del condominio, con specifico e particolare riferimento al suo orano deliberativo sovrano, l’assemblea, vige la regola della c. d. doppia maggioranza: le delibere sono validamente adottate se ottengono il voto favorevole della maggioranza qualificata in termini di – per usare le parole dell’art. 1136 cod. civ. – “valore dell’intero edificio” [e cioè di millesimi] e anche il voto favorevole della maggioranza dei soggetti intervenuti in riunione;
  • per identificare questa seconda maggioranza si ricorre abitualmente all’espressione “maggioranza delle teste”;
  • è assolutamente pacifico che, ai fini del computo della “maggioranza delle teste”, ogni condomino conta per 1, a nulla rilevando l’eventuale sua proprietà di più unità immobiliari nello stesso condominio.

Questo elemento gli attribuisce “unicamente” un “peso” diverso, innegabilmente assai significativo, in termini di millesimi, ma non ha alcuna rilevanza per quanto attiene alla – per usare ancora le parole dell’art. 1136 cod. civ. – “maggioranza degli intervenuti”;

  • se un’unità immobiliare appartiene a due o più soggetti – si pensi al non infrequente caso dei coniugi che acquistano insieme e si intestano entrambi la casa famigliare o all’ugualmente frequente caso di fratelli e sorelle che ereditano insieme un immobile dai genitori – costoro “pesano” collettivamente per 1.

Non a caso, essi – per usare le parole dell’art. 67 disp. att. cod. civ. – “hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea”.

 

La domanda a cui dare risposta

Quanto sopra rende palese la domanda a cui si deve cercare di dare qui risposta: quid iuris se la comunione è formata da condomini?

Detto altrimenti: se un’unità immobiliare è in comproprietà tra persone, le quali sono autonomamente – per essere proprietari esclusivi e integrali di altre unità – condomini, come deve essere considerata e trattata questa situazione sul piano del computo della “maggioranza delle teste”? Quanto “pesa”, dal punto di vista del quorum deliberativo, questo strano condomino a più teste?

 

Un esempio può forse contribuire a inquadrare meglio la cosa:

  • un condominio è formato da cinque unità immobiliari;
  • queste unità mostrano questo “assetto proprietario”: un’unità immobiliare è di proprietà del condomino Anna Bianchi, un’unità immobiliare è di proprietà del condomino Beatrice Neri, un’unità immobiliare è di proprietà del condomino Carlo Rossi, un’unità immobiliare è di proprietà del condomino Matteo Verdi e un’unità immobiliare è di proprietà pro indiviso di Carlo Rossi e Matteo Verdi.

 

Come deve essere considerato, ai fini del computo della “maggioranza delle teste”, il condomino Rossi + Verdi? Quanto “pesa” questo strano condomino a due teste, ciascuna delle quali appartiene a un soggetto che è già, per un’altra ragione e ad altro titolo, condomino?

 

La risposta

Sul piano giuridico si è in presenza di una comunione, che ricorre ex art. 1100 cod. civ. “Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone”.

A sommesso avviso di chi scrive, nell’ambito dell’assemblea condominiale e sotto il profilo del computo delle maggioranze questa situazione non può che essere trattata come una proprietà autonoma e indipendente, del tutto a sé stante. Con la conseguenza che la comunione di cui sopra deve essere considerata alla stregua di un soggetto a sé stante, un condomino come gli altri.

Tornando all’esempio di cui dianzi: se tutti intervengono, si deve ritenere che in assemblea siano presenti cinque condomini e cioè Bianchi, Neri, Rossi, Verdi e – per intendersi – Rossiverdi.

A nulla rileva in contrario il fatto che Rossi e Verdi siano già, in quanto proprietari di due unità immobiliari, condomini: la comunione formata da queste due persone, infatti, è un soggetto diverso rispetto tanto all’uno quanto all’altro condomino.

A parere di chi scrive, la comunione Rossiverdi è proprio ontologicamente diversa sia rispetto a Rossi sia rispetto a Verdi e, pertanto, non può che essere considerata e trattata come un altro soggetto, un condomino diverso.

 

Del resto, basta pensare all’applicazione della già citata regola di cui all’art. 67 disp. att. cod. civ.:

  • è del tutto evidente che Rossi e Verdi possono intervenire in assemblea per le loro unità immobiliari;
  • essi, tuttavia, possono congiuntamente delegare un rappresentante perché quest’ultimo intervenga in assemblea in nome e per conto della comunione Rossiverdi e cioè della loro comproprietà;
  • la “testa” di questo eventuale rappresentante dovrebbe essere presa in debita considerazione nel computo della “maggioranza delle teste”;
  • se questo è vero, è evidente che la comunione Rossiverdi è altro rispetto a Rossi e a Verdi.

 

 

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