Il regolamento condominiale come titolo contrario ex art. 1117 cod. civ. – Avv. Marco Ribaldone

Con la sentenza 6.7.2022 n. 21440 la Corte di Cassazione ha espresso un principio di diritto che offre lo spunto per alcune sintetiche considerazioni in ordine alla appartenenza al condominio di parti dell’edificio di cui all’art. 1117 cod. civ. e al – per usare le parole del legislatore – “titolo” da cui “risulta il contrario”

 

Il principio di diritto formulato da Cass. 6.7.2022 n. 21440

 

Richiamando sue precedenti pronunce [“Cass. Sez. 2, 03/05/1993, n. 5125; Cass. Sez. 2, 18/04/2002, n. 5633; Cass. Sez. 2, 21/05/2012, n. 8012; Cass. Sez. 2, 16/09/2019, n. 23001”], la Corte di Cassazione si è espressa letteralmente come segue:

in tema di condominio negli edifici, l’individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall’art. 1117 c.c. ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell’atto costitutivo del condominio, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni”.

 

La parte che qui interessa è quella relativa all’irrilevanza – in tema di titolo ex art. 1117 cod. civ. – del regolamento condominiale che non sia un “regolamento allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini”. Che non sia – per dirlo altrimenti, con un linguaggio più diffuso anche tra gli operatori “pratici” dell’“universo Condominio” – un regolamento di natura contrattuale.

 

La “lettura” di tale principio “in positivo”

 

Chi scrive ritiene interessante “leggere” il principio, dianzi riportato testualmente, “capovolgendo” l’ottica seguita dalla Suprema Corte nel formularlo. Passando, cioè, da un’impostazione negativa a un’impostazione positiva.

L’esito di questa “lettura” può essere formulato, in buona sostanza, così: il regolamento condominiale di natura contrattuale, opponibile ai terzi, è idoneo a costituire il titolo contrario di cui parla l’art. 1117 cod. civ. e, quindi, a superare la presunzione di condominialità dettata dalla stessa disposizione.

 

Un importante distinguo

 

L’idoneità di cui dianzi sussiste a livello astratto. Nel senso che, sul piano formale, il regolamento condominiale di natura contrattuale può valere a superare la presunzione di cui al più volte menzionato art. 1117 cod. civ..

Altro è che, in concreto, il regolamento di un determinato condominio abbia effettivamente il contenuto necessario a ritenere che uno o più tra i beni menzionati nell’art. 1117 cod. civ. non appartenga pro indiviso a tutti i partecipanti al condominio, ma sia di proprietà esclusiva di uno di essi.

 

Anche a questo riguardo soccorre Cass. 6.7.2022 n. 21440, la quale ha seguito questo ragionamento:

  • l’esclusione di uno o più beni – presunti comuni ex art. 1117 cod. civ. – “dal novero delle cose in condominio” ha l’effetto di incidere “sulla costituzione o modificazione di un diritto reale immobiliare”;
  • ne viene che questa esclusione deve avere forma scritta ad substantiam;
  • ne viene soprattutto – e per quanto interessa in questa sede – la necessità che “che dal negozio emergano elementi tali da essere in contrasto con l’esercizio del diritto di condominio”.

 

Si riprende qui il concetto – già espresso nel principio di diritto a proposito dell’atto costitutivo del condominio – secondo cui, per far realmente risultare “il contrario” rispetto alla presunzione di condominialità, il titolo deve contenere “in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l’alienazione del diritto di condominio”.

 

Il punto è, quindi, interpretare le clausole del regolamento condominiale per dedurne l’effettiva volontà di chi ha fatto “nascere” il condominio.

Schematicamente:

  • il regolamento condominiale di natura contrattuale è un contratto atipico ex art. 1322, secondo comma, cod. civ.;
  • esso è, quindi, soggetto alle norme sull’interpretazione dei contratti [art. 1362 e seguenti cod. civ.];
  • ai sensi di queste norme bisogna “indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti”;
  • in concreto: bisogna capire se l’effettiva volontà di chi ha fatto “nascere” il condominio fosse nel senso che un determinato bene (o una parte di esso) non appartenesse ex art. 1117 cod. civ. a tutti i partecipanti al condominio, ma fosse di proprietà esclusiva di uno di essi.

 

Questa attività interpretativa – ancora Cass. 6.7.2022 n. 21440 – “è demandata all’apprezzamento dei giudici del merito”.

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