Una recente sentenza della Corte di Cassazione – è la n. 27511 del 20.9.2022, per cui si ringrazia www.condominiowe.com del 4.10.2022 – ha affrontato una questione delicata: se è vero che il condomino e il condominio, i quali siano in contenzioso per la ripartizione di una spesa, possono raggiungere un accordo transattivo e se è vero che questo accordo può validamente essere – lato condominio – deliberato dall’assemblea a maggioranza, è altrettanto vero che questa non può essere la strada per modificare il criterio di ripartizione della spesa per il futuro.
I termini della questione
Schematicamente:
- l’assemblea del Condominio Rossi approva una spesa e la sua ripartizione tra i condomini;
- il condomino Verdi impugna la delibera, contestando di essere debitore della somma come sub a) posta a suo carico dall’assemblea;
- nell’ambito del contenzioso così venuto a esistenza, il Condominio Rossi e il condomino Verdi raggiungono un’intesa per la composizione bonaria della causa;
- l’intesa sub c) prevede che il Sig. Verdi non partecipi alla spesa nella misura determinata dall’assemblea con la delibera impugnata, ma in una misura diversa e, quindi, che versi al condominio, a saldo e stralcio della maggiore richiesta di quest’ultimo, una somma inferiore;
- la diversa misura sub d) viene stabilita anche per il futuro;
- per quanto riguarda il condominio, l’intesa sub c) viene approvata dall’assemblea con la maggioranza del 50% + 1 degli intervenuti, titolari di almeno 500/1.000.
La domanda da porsi e a cui dare risposta è semplice: la delibera sub f) deve ritenersi valida?
Il quadro normativo
La norma rilevante è l’art. 1123, primo comma, cod. civ., ai sensi del quale
- “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza” devono essere ripartite tra i condomini “in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno” di essi;
- per modificare questo stato di cose è necessaria la formalizzazione di una “diversa convenzione”.
È pacifico che la citata “diversa convenzione” è rappresentata da un contratto [ovvero – il che è lo stesso – da un regolamento condominiale di natura contrattuale (che costituisce a tutti gli effetti un contratto atipico) o da una delibera assembleare adottata dal 100% dei condomini, titolari di 1.000/1.000] e cioè – per usare le parole dell’art. 1321 cod. civ. – dall’“accordo di una o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
La giurisprudenza – per tutte Cass. 26.4.2022 n. 13024 – ha più volte chiarito che il contratto di cui sopra – cioè la “diversa convenzione” di cui all’art. 1123, primo comma, cod. civ. – deve essere perfezionato a pena di nullità tra tutti i condomini. Deve, quindi, trattarsi di un contratto firmato da tutti i partecipanti al condominio.
Bisogna, quindi, interrogarsi sull’efficacia dell’accordo transattivo deliberato a maggioranza per la modifica della spesa concretamente attribuita al singolo condomino e per la modifica, in generale, del criterio di ripartizione di quella specifica spesa, da adottarsi nel futuro.
Cass. 20.9.2022 n. 27511
Il ragionamento della Suprema Corte ha preso le mosse dalla decisione della Corte d’Appello oggetto di ricorso per cassazione, rilevando che per il giudice del merito la delibera, con la quale il condominio e il singolo condomino avevano concordato, per il passato oggetto di causa e anche per il futuro, la misura della contribuzione del secondo a una certa spesa, non costituiva “una modifica (…) delle tabelle millesimali ma una specifica convenzione motivata dall’intento transattivo e dalla particolarità di una determinata situazione soggettiva ed oggettiva”.
La Suprema Corte non condivide il pensiero della Corte d’Appello ed esprime con chiarezza questo suo punto di vista: “L’affermazione della corte territoriale (…), secondo cui la pattuizione per cui è causa (la quale, va sottolineato, non concerneva soltanto la definizione transattiva di un contenzioso relativo all’entità di contributi condominiali dovuti per annualità pregresse, ma regolava la misura dell’obbligo della Sig.ra di contribuire alle spese condominiali anche per il futuro) sarebbe stata legittimata dall’articolo 1123, primo comma, c.c. si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Suprema Corte, alla cui stregua «sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro» (Cass. SSUU n. 9839/2021)”.
Considerazione finale e di sintesi
Può valere la pena di “codificare” quanto sinora esposto in una forma più schematica:
- domanda:
- l’accordo transattivo deliberato a maggioranza è valido, efficace e vincolante nella diversa quantificazione dell’importo, che un certo condomino deve versare al condominio in adempimento del suo obbligo di pagare gli oneri condominiali?
- detto altrimenti: la delibera che approva a maggioranza la stipula di tale accordo transattivo è idonea a stabilire validamente che per quella determinata spesa quel determinato condomino deve pagare non “in misura proporzionale al valore della [sua – n.d.r.] proprietà”
- risposta:
- nella misura in cui l’accordo così deliberato attiene al debito del passato già imputato al condomino e da quest’ultimo contestato in giudizio, la risposta è affermativa
- nella misura in cui l’accordo così deliberato attiene, invece, al criterio di ripartizione da adottare in futuro, allora la risposta non può che essere negativa.
Chi scrive condivide il pensiero della Suprema Corte e quindi esprime conclusioni, che da tale pensiero discendono.
È giusto e corretto che la delibera adottata a maggioranza sull’accordo transattivo riferito al passato sia valida: si tratta, infatti, di un mero rapporto di credito / debito, astratto rispetto al titolo che ne costituisce la fonte e riferito a diritti disponibili.
Del resto, pensandola diversamente si arriverebbe a concludere che i condominii non potrebbero mai deliberare validamente alcun accordo transattivo – e cioè non potrebbero mai compore bonariamente quelle liti – per definire il contenzioso sorto con i condomini sulla debenza o non debenza di certe somme a titolo di oneri condominiali.
Specularmente, è giusto e corretto che la delibera adottata a maggioranza sull’accordo transattivo sia inidonea a modificare i criteri di spesa per il futuro: solo la “diversa convenzione” di cui all’art. 1123, primo comma, cod. civ. può legittimamente fare quanto sopra e quella “diversa convenzione” deve essere un contratto perfezionato da tutti i partecipanti al condominio e non può, per ciò stesso, essere una delibera adottata a maggioranza.