L’abuso del diritto e l’eccesso di potere rendono annullabile una delibera formalmente valida – Avv. Marco Ribaldone

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Milano – è la n. 2919 del 20.9.2022, per cui si ringrazia www.condominiowe.com del 4.10.2022 – ha con chiarezza messo a fuoco un aspetto spesso difficilmente definibile e quasi “sfuggente” dell’invalidità delle delibere assembleari, statuendo che una delibera può essere invalida e, quindi, annullata se è stata adottata, pur formalmente nel rispetto della normativa, con abuso del diritto o eccesso di potere e cioè tipicamente in danno della minoranza dei partecipanti al condominio

 

Il quadro normativo e i termini della questione

 

La norma che “entra in gioco” è essenzialmente una e cioè l’art. 1137, secondo comma, cod. civ., ai sensi del quale “Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento …”.

 

Negli anni si è consolidato un condivisibile orientamento giurisprudenziale – di cui è recente espressione, tra le tante, Cass. 22.4.2022 n. 12932 – secondo cui l’Autorità Giudiziaria, quando è chiamata a pronunciarsi sulla validità di una delibera, non può e non deve entrare nel merito delle scelte dei condomini e sindacare la loro discrezionalità, con l’inaccettabile rischio che la volontà del giudice si sostituisca a quella dei partecipanti al condominio, ma deve limitare il suo intervento a una disamina della legittimità della decisione.

Questa linea interpretativa è perfettamente coerente con il già riferito dato normativo, ai sensi del quale devono essere annullate le delibere che siano “contrarie alla legge o al regolamento di condominio”.

 

Esiste, tuttavia, una non trascurabile “area grigia”, costituita da tutte quelle delibere che non sono la fisiologica espressione della volontà della maggioranza dei condomini, ma costituiscono lo “strumento” utilizzato da quella stessa maggioranza per adottare decisioni in danno della minoranza e imporle. Decisioni, cioè, che sono adottate nel rispetto formale di tutti gli elementi previsti dalla vigente normativa [procedimento di convocazione, quorum costitutivo, quorum deliberativo, …], ma che trovano la loro essenza e la loro “natura” nella lesione della posizione di alcuni condomini, non in condizione di “coagulare” una maggioranza sufficiente a impedirlo.

 

Un esempio concreto può aiutare a capire:

  1. con il voto favorevole solo di alcuni condomini, disponibili a impegnarsi in forma integrale e in via esclusiva per il relativo aspetto finanziario e, quindi, a farsi carico di tutti i costi, l’assemblea del Condominio Rossi delibera l’installazione di un ascensore;
  2. si tratta di una delibera pienamente legittima ex 1120, secondo comma, e 1123, terzo comma, cod. civ.;
  3. alla successiva assemblea i condomini contrari all’ascensore adottano – ovviamente nel rispetto delle maggioranze di legge – una delibera che revoca quella sub a);
  4. la delibera sub c) risulta adottata nel pieno rispetto della legge, ma ha la chiara funzione di “comprimere” i diritti ex 1120, secondo comma, e 1123, terzo comma, cod. civ. dei condomini – menzionati sub a) – che avevano espresso l’originario voto favorevole;
  5. detto altrimenti: la delibera sub c) rappresenta il modo in cui alcuni condomini provano a impedire l’installazione dell’ascensore voluto, invece, dagli altri partecipanti al condomino.

 

La sentenza n. 2919 del 20.9.2022 della Corte d’Appello di Milano

 

Nel suo ragionamento la Corte meneghina prende l’avvio dal richiamo del sopra citato insegnamento della Suprema Corte circa la natura di controllo di legittimità e non di merito che deve essere esercitato sulle delibere impugnate [“Occorre premettere che in tema di condominio negli edifici, secondo giurisprudenza di legittimità, il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità”], evidenziando tuttavia che questo controllo “oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può comprendere anche l’eccesso di potere, “purché la causa della deliberazione risulti – sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito – falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all’art. 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell’assemblea” (Cass., ord. n. 20135/2017)”.

 

La Corte d’Appello prosegue a chiarire il contenuto e la portata di questo insegnamento giurisprudenziale: “Secondo la Corte, quindi, a tutela della minoranza da eventuali abusi della maggioranza, l’esame del merito della delibera è consentito al fine di accertare se la delibera stessa sia viziata sotto il profilo dell’abuso del diritto o dell’eccesso di potere, con la precisazione che l’indagine sul merito della delibera è consentito solo qualora sia strumentale ad un giudizio sulla legittimità della stessa e cioè per accertare quale sia lo scopo dell’atto al fine di verificarne l’eventuale invalidità in relazione ad una finalità che si ponga in contrasto con le finalità consentite dalla legge o dal regolamento.

In altri termini, rientra nell’ipotesi di “abuso in danno della minoranza” o “eccesso di potere” l’ipotesi in cui la deliberazione, pur apparentemente conforme alle finalità previste dall’ordinamento, trovi la reale giustificazione nella volontà di arrecare pregiudizio alla minoranza”.

 

Considerazioni a commento

 

Chi scrive condivide appieno il punto di vista espresso dalla Suprema Corte e come sopra “raccolto” dalla Corte d’Appello milanese:

  • l’ordinamento non può limitarsi a sanzionare di invalidità le delibere affette da qualche vizio formale (in senso ampio), ma deve anche prendere in considerazione il corretto ed equilibrato svolgimento della vita in condominio,
  • sotto questo profilo, individuare e “punire” le delibere adottate per – si riprendono le parole della Corte – “arrecare pregiudizio alla minoranza” è pienamente in linea con lo spirito generale sotteso alle norme che regolano il vivere civile;
  • diversamente opinando, si andrebbe oltre le finalità di vita democratica, a presidio delle quali è dettato il principio di maggioranza, e si arriverebbe a legittimare la “tirannia” della maggioranza a scapito e a spese della minoranza.

 

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