La mediazione in condominio con la riforma Cartabia – Avv. Luigi Grillo

Il prossimo 30 giugno entreranno in vigore delle nuove disposizioni della Riforma Cartabia in tema di mediazione. Le modifiche al D.lgs. 4 marzo 2010 n.28 impattano in modo significativo sulla mediazione delle liti condominiali, che diventerà ancora più agile e rapida.

Prima di addentrarci nelle novità riguardanti la disciplina del procedimento di mediazione delle liti condominiali, analizziamo quelle che sono le novità dell’istituto in linea generale.

 

Aumento delle materie obbligatorie

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria, anzitutto aumenta le materie per le quali la mediazione è necessaria.

La disciplina previdente prevedeva la necessità della mediazione per le seguenti materie:

  • di locazione;
  • di comodato;
  • di affitto di azienda;
  • di diritti reali;
  • di divisioni;
  • di successioni ereditarie;
  • di patti di famiglia;
  • di risarcimento dei danni da responsabilità medica e sanitaria;
  • responsabilità da diffamazione a mezzo stampa;
  • di contratti assicurativi, bancari e finanziari.

La riforma Cartabia a queste materie ha aggiunto le seguenti:

  • associazione in partecipazione;
  • consorzio;
  • franchising;
  • opera;
  • rete;
  • somministrazione;
  • società di persone e subfornitura.

Condizione di procedibilità

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha modificato anche l’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 in relazione alla natura di tale procedura come condizione di procedibilità.

La disposizione della riforma Cartabia indica che chi desidera deve avviare un’azione legale riguardante controversie di cui all’ambito di applicazione della disciplina (ambito oggi, come detto, ampliato) è tenuto a intraprendere preliminarmente il procedimento di mediazione.

Si precisa che nelle controversie di cui al primo comma, l’attuazione del procedimento di mediazione è una condizione necessaria per la procedibilità della domanda giudiziale.

L’improcedibilità può essere eccepita dal convenuto, pena la decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Se il giudice constata che la mediazione non è stata intrapresa o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa l’udienza successiva dopo il termine previsto dall’articolo 6. In tale udienza, il giudice verifica se la condizione di procedibilità sia stata soddisfatta e, in caso contrario, dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale.

Sempre il nuovo art. 5 sopra richiamato è modificato dalla riforma Cartabia in tema di mediazione obbligatoria prevedendo che quando tale procedura è un requisito per procedere con un’azione legale, tale requisito si considera soddisfatto se il primo incontro con il mediatore si conclude senza raggiungere un accordo di conciliazione.

In ogni caso, il processo di mediazione non impedisce l’emissione di provvedimenti d’urgenza o cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale.

 

Conseguenze ulteriori derivanti dalla mancata partecipazione al procedimento di mediazione

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una specifica norma riguardante ulteriori conseguenze derivanti della mancata partecipazione al procedimento.

Come detto, in caso di mancata attivazione della mediazione, la sanzione è quella della improcedibilità della domanda.

Il nuovo art 12 bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 prevede però anche sanzioni in capo alle parti che non partecipano alla mediazione e ciò indipendentemente da quale soggetto sia onerato ad attivarla.

Si prevede, in particolare, che se una parte in causa non prende parte senza giustificazione al primo incontro di mediazione, il giudice può da questa mancata partecipazione trarre elementi probatori nel giudizio e ciò ai sensi del secondo comma dell’art. 116 cpc.

Quando la mediazione è un requisito di procedibilità della domanda giudiziale proposta, si prevede che il giudice condanni la parte in causa che non abbia partecipato al primo incontro senza aver avuto un giustificato motivo a versare una somma parti al doppio del contributo unificato previsto per il giudizio in questione.

Nel caso del comma 2, su richiesta, il giudice della controversia può (quindi, non deve) anche condannare la parte in causa, che risulti soccombente e che non abbia partecipato alla mediazione, al pagamento di una somma di denaro a favore della controparte, con determinazione equitativa da parte del giudice ma non superiore al massimo delle spese del giudizio che siano maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.

Se il giudice agisce secondo il comma 2, invia copia del provvedimento adottato nei confronti di un’amministrazione pubblica all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti, e copia del provvedimento adottato nei confronti di un soggetto vigilato all’autorità di vigilanza competente.

 

Quali novità e cosa cambia per il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo?

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una specifica norma riguardante l’opposizione a decreto ingiuntivo.

Il nuovo art 5 bis del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 introdotto dalla riforma Cartabia prevede che quando l’azione menzionata nell’articolo 5, comma 1, viene avviata tramite un ricorso per decreto ingiuntivo, il compito di presentare la domanda di mediazione spetta alla parte che ha fatto ricorso al decreto ingiuntivo.

Durante la prima udienza, il giudice assume i provvedimenti del caso in merito alle  richieste di concessione e sospensione della provvisoria esecutorietà e verifica se il tentativo obbligatorio di mediazione sia stato richiesto e effettuato dalle parti. Ove la mediazione obbligatoria non sia stata effettuata, il giudice rinvia la causa e fissa un’ulteriore udienza in data successiva alla scadenza del termine previsto dall’articolo 6.

In questa successiva udienza, se la mediazione non è stata fatta, il giudice procede a dichiarare l’improcedibilità dell’azione avviata con la presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo, revocando anche il decreto opposto in sede di opposizione e decidendo sulle spese di lite.

 

La mediazione demandata dal giudice

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una specifica norma riguardante la mediazione demandata dal giudice.

Il nuovo art 5 quater del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 prevede che il giudice, anche durante un processo di appello e fino alla definizione delle conclusioni, può valutare la natura del caso, lo stato dell’istruttoria, il comportamento delle parti e altre circostanze pertinenti, e decidere, mediante un’ordinanza motivata, di richiedere un tentativo di mediazione.

Nella stessa ordinanza, il giudice stabilisce la data dell’udienza successiva dopo il termine previsto dall’articolo 6.

La mediazione disposta dal giudice diventa un requisito di procedibilità della domanda giudiziale e si applicano i commi 4, 5 e 6 dell’articolo 5.

Durante l’udienza menzionata nel primo comma, se la mediazione non è stata effettuata, il giudice dichiara l’improcedibilità della domanda giudiziale.

 

Mediazione prevista contrattualmente o statutariamente e condizione di procedibilità

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una specifica norma riguardante la mediazione prevista contrattualmente o statutariamente.

Il nuovo art 5 sexies del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 stabilisce infatti che quando il contratto, lo statuto o l’atto costitutivo di un ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, il tentativo di mediazione diventa un requisito per la procedibilità della domanda giudiziale.

Se il tentativo di conciliazione non è stato effettuato, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte entro la prima udienza, agisce in conformità al comma 2 dell’articolo 5. Si applicano i commi 4, 5 e 6 dell’articolo 5.

La domanda di mediazione viene presentata all’organismo specificato nella clausola, se iscritto nel registro, oppure, in caso contrario, all’organismo individuato ai sensi del comma 1 dell’articolo 4.

 

Durata del procedimento

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una specifica norma riguardante la durata del procedimento

Il nuovo art 6 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 ha infatti previsto che la durata del procedimento di mediazione non deve superare tre mesi, ma può essere estesa di ulteriori tre mesi se le parti concordano per iscritto prima della scadenza iniziale.

Il termine di cui al primo comma inizia dalla data di presentazione della domanda di mediazione o dalla scadenza del termine fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche se il giudice rimanda il caso ai sensi dell’articolo 5, comma 2, o ai sensi dell’articolo 5-quater, comma 1, non è soggetto a sospensione durante il periodo estivo. Nel caso in cui sia in corso un processo, le parti informano il giudice dell’estensione del termine di cui al primo comma.

 

Quale è il procedimento da seguire?

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria, come già detto, ha introdotto una specifica norma riguardante la durata del procedimento

Il nuovo art 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 prevede che:

Al momento in cui viene presentata la domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo procede a nominare un mediatore e fissa la data del primo incontro tra le parti coinvolte: questo incontro deve avvenire tra i 20 e i 40 giorni successivi alla data di presentazione della richiesta di mediazione, salvo che le parti non concordino tra di loro diversamente.

La richiesta di mediazione, la nomina del mediatore incaricato, unitamente all’indicazione del luogo e dell’orario dell’incontro e sono comunicate dall’organismo alle parti coinvolte nella procedura e ciò tramite mezzi adeguati per garantirne la ricezione. nel caso in cui la questione richieda delle competenze tecniche specifiche, è possibile per l’organismo nominare anche uno o più mediatori ausiliari.

Dalla data di ricezione della comunicazione, la richiesta di mediazione produce gli stessi effetti previsti per la domanda giudiziale in merito alla prescrizione e decadenza, anche se limitatamente a una sola volta. 

Il procedimento di mediazione obbligatoria si svolge senza formalità particolari presso la sede dell’organismo di mediazione o, comunque, nel posto previsto secondo la procedura dell’organismo interessato.

Le parti devono partecipare personalmente al procedimento di mediazione. In presenza di giustificati motivi possono procedere a delegare un rappresentante: tale soggetto, però deve essere informato sui fatti e dotato dei poteri necessari per definire e transigere la controversia. I soggetti giuridici e in generale quelli diversi dalle persone fisiche partecipano alla mediazione tramite i propri rappresentanti, che devono essere informati sui fatti e dotati dei poteri necessari per definire la questione.

Nei casi di mediazione obbligatoria che sono previsti dall’articolo 5 comma 1 e anche quando la mediazione è richiesta dal giudice senza che sia necessaria, le parti devono essere necessariamente assistite dai loro avvocati.

Al primo incontro di mediazione, il mediatore incaricato spiega la funzione e le modalità della mediazione stessa e si attiva per cercare una soluzione di conciliazione. Del primo incontro e dei successivi viene redatto un verbale predisposto dal mediatore, che deve essere firmato da tutti i partecipanti.

Ove il caso lo renda opportuni, è possibile per il mediatore avvalersi anche di periti o esperti, da scegliere tra gli iscritti degli albi dei consulenti presso i tribunali: le competenze di tali soggetti saranno calcolate conformemente al regolamento dell’organismo interessato che deve avere previsioni al riguardo.

Al momento della nomina dell’esperto, su accordo tra le parti, si può prevedere che la relazione dell’esperto sia producibile nella controversia giudiziale e, in questo caso, sarà valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 116 primo comma cpc.

 

Gli incontri di mediazione in modalità telematica

Il nuovo art 8 bis del decreto legislativo 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 indica che quando la mediazione avviene tramite mezzi telematici, ogni atto del procedimento è creato e firmato secondo le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005) e può essere inviato tramite posta elettronica certificata o altri servizi di recapito certificato qualificato. Gli incontri possono essere effettuati con collegamenti audiovisivi da remoto, che garantiscano la contemporanea, reale e reciproca udibilità e visibilità dei partecipanti. Ogni parte può richiedere al responsabile dell’organismo di mediazione di partecipare da remoto o di persona.

Alla fine della mediazione, il mediatore crea un unico documento digitale contenente il verbale e l’eventuale accordo, e lo invia alle parti per la firma tramite firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata. Nei casi in cui la mediazione è richiesta dall’articolo 5, comma 1, o dal giudice, il documento elettronico viene inviato anche agli avvocati per la firma con le stesse modalità.

Il documento informatico, firmato come indicato nel terzo comma, viene inviato al mediatore che lo firma digitalmente e lo trasmette alle parti, agli avvocati se presenti, e alla segreteria dell’organismo. La conservazione e la presentazione dei documenti del procedimento di mediazione svolto tramite mezzi telematici sono effettuate dall’organismo di mediazione in conformità all’articolo 43 del decreto legislativo n. 82 del 2005.

 

La conclusione del procedimento

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una specifica norma riguardante la conclusione del procedimento.

Il nuovo art 11 bis del decreto legislativo 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 indica che se viene raggiunto un accordo di conciliazione, il mediatore redige un verbale con il testo dell’accordo allegato. Se non si raggiunge un accordo, il mediatore ne prende nota nel verbale e può elaborare una proposta di conciliazione da allegare al verbale. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti lo richiedono concordemente in qualsiasi momento del procedimento. Prima di formulare la proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13.

La proposta di conciliazione viene redatta e comunicata per iscritto alle parti. Entro sette giorni dalla comunicazione o entro il termine più lungo indicato dal mediatore, le parti devono inviare per iscritto l’accettazione o il rifiuto della proposta. In caso di mancata risposta entro il termine, la proposta si considera rifiutata. Salvo diverso accordo tra le parti, la proposta non può includere riferimenti alle dichiarazioni fatte o alle informazioni ottenute durante il procedimento.

L’accordo di conciliazione deve indicare al suo interno il valore. Tale accordo di mediazione deve essere inserito in un verbale, che deve essere firmato dalle parti e anche dai loro avvocati, nonché dal mediatore, il quale ultimo certifica anche l’autenticità delle firme apposte dalle parti (oppure, se del caso, o la loro impossibilità di firmare). Il mediatore procede poi a depositare il verbale presso la segreteria dell’organismo che ha gestito la procedura. 

Il verbale contenente l’accordo, se presente, è redatto in formato digitale o, se in formato cartaceo, in tanti originali quanti sono i partecipanti alla mediazione, più un originale per il deposito presso l’organismo. Su richiesta delle parti, viene rilasciata copia del verbale depositato presso la segreteria dell’organismo. L’organismo è tenuto a conservare copia degli atti dei procedimenti trattati per almeno tre anni dalla data della loro conclusione.

Se l’accordo raggiunto prevede uno dei contratti o atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione è necessario che la firma dell’accordo di conciliazione sia autenticata da un pubblico ufficiale autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta del mediatore, può stabilire il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inadempimento degli obblighi stabiliti, o per il ritardo nel loro adempimento.

 

Accordo di mediazione e valore come titolo esecutivo

La riforma Cartabia sulla mediazione obbligatoria ha introdotto una specifica norma riguardante la valenza quale titolo esecutivo dell’accordo di mediazione.

Il nuovo art 12 del decreto legislativo 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 contiene un nuovo primo comma e ne inserisce uno successivo (comma 1 bis).

Il primo comma dell’art. 12 riformato dalla Cartabia, nella sostanza contiene una previsione secondo la quale, nel caso in cui ogni soggetto coinvolto nella procedura sia stato assistito da un avvocati, l’accordo concluso e sottoscritto dalle parti e dai loro avvocati, vale come titolo esecutivo per poter procedere con la successiva espropriazione forzata oppure anche per l’esecuzione per consegna e rilascio, ma anche per l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, così come per l’iscrizione di ipoteca giudiziale in relazione alle somme per le quali sia previsto un obbligo di pagamento.

Gli avvocati devono procedere ad attestare e certificare che l’accordo raggiunto è conforme alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Per la successiva esecuzione, la disposizione prevede che l’accordo deve essere trascritto integralmente all’interno dell’atto di precetto, così come previsto dall’art. 480 secondo comma secondo cpc.

Invece, il nuovo comma 1 bis dell’art. 12 indica che per tutte le altre ipotesi diverse da quella che precede, l’accordo di mediazione può, ma solo su richiesta di una parte del procedimento, essere omologato dal Presidente del tribunale, verificando previamente che vi sia una regolarità formale e vi sia stato il rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico.

Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, datata 21 maggio 2008, il verbale viene omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve essere eseguito

 

Credito di imposta

Il nuovo art 20 del decreto legislativo 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 contiene nuove disposizioni per il credito di imposta in favore delle parti e degli organismi di mediazione.

Il nuovo art. 20 prevede, in relazione al credito di imposta in favore delle parti, che alle parti che raggiungono un accordo di conciliazione viene riconosciuto un credito d’imposta proporzionale all’indennità pagata secondo l’articolo 17, commi 3 e 4, fino a un massimo di 600 euro. Nei casi previsti dall’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è richiesta dal giudice, alle parti è inoltre riconosciuto un credito d’imposta proporzionale al compenso versato al proprio avvocato per l’assistenza nella procedura di mediazione, entro i limiti stabiliti dai parametri forensi e fino a 600 euro.

I crediti d’imposta menzionati nel comma 1 sono utilizzabili dalla parte fino a un totale di 600 euro per procedura e con un massimo annuo di 2.400 euro per le persone fisiche e 24.000 euro per le persone giuridiche. In caso di mediazione fallita, i crediti d’imposta sono ridotti della metà.

Viene riconosciuto un ulteriore credito d’imposta proporzionale al contributo unificato versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione, entro il limite dell’importo versato e fino a 518 euro.

 

La mediazione delle liti condominiali

Il primo significativo e specifico cambiamento, riguarda la legittimazione dell’amministratore di condominio, che in virtù del nuovo art. 5 ter potrà attivare il procedimento di mediazione o aderirvi anche senza la preventiva delibera dell’assemblea condominiale. Al legale rappresentante del condominio sarà rimessa dunque la decisione da prendere in tempi rapidi, di aderire alla mediazione in caso di invito della controparte, per evitare di incorrere in responsabilità.  Al contrario, la scelta di conciliare o di accettare la proposta del mediatore, dovrà essere sempre approvata dall’assemblea, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136 c.c. Per accelerare i tempi, è stabilito comunque che il verbale o la proposta fissino un termine per l’approvazione assembleare, spirato inutilmente il quale, la conciliazione dovrà intendersi conclusa.

Sempre con la finalità di contrarre i tempi della procedura, entrano in vigore le novità sulla durata massima, stabilita in tre mesi, prorogabili di altri tre prima della scadenza, mediante accordo scritto dalle parti. Il termine di tre mesi decorre dal deposito della domanda oppure, in caso di mediazione demandata, dalla scadenza fissata dal giudice. In ogni caso, il decorso del termine non è soggetto a sospensione feriale. Il primo incontro dovrà tenersi non prima di 20 e non oltre 40 giorni dal deposito della domanda, salva diversa concorde indicazione delle parti. Con il primo incontro le parti entreranno subito in mediazione, eliminando il passaggio finora costituito dall’incontro a solo scopo informativo, che nella prassi finiva spesso per protrarsi oltre la prima seduta, con inutile dispendio di tempo per gli organismi e per le parti che intendono davvero mediare. È evidente dunque che il compito di spiegare ai condomini i benefici e l’utilità della mediazione saranno affidati di fatto all’amministratore di condominio e all’avvocato che lo assiste. Dal momento che le parti entreranno subito in mediazione sin dal primo incontro, anche le spese di avvio della procedura e le indennità saranno da subito dovute.

Ulteriore novità di impatto per le liti condominiali, come già indicato, riguarda l’obbligo per il condominio di introdurre la mediazione in caso di opposizione da parte del condomino moroso al decreto ingiuntivo in favore del Condominio. La nuova regola, prescritta all’art. 5 bis del D.Lgs. n. 28/2010 recepisce il consolidato orientamento giurisprudenziale in base al quale, in caso di opposizione a d.i. spetta a colui che ha proposto il ricorso proporre la domanda di mediazione. Alla prima udienza dunque il giudice deciderà sulla provvisoria esecuzione, e fisserà una successiva udienza entro la quale dovrà essere stato esperito il procedimento di mediazione. Se all’udienza fissata la mediazione non fosse stata esperita, il giudice dichiarerà la domanda improcedibile revocando il decreto e provvedendo sulle spese.

Attenzione anche al cambiamento delle regole sull’interruzione dei termini di decadenza. Il vecchio articolo 5 D.lgs. n. 28/2010 faceva discendere l’effetto interruttivo dalla comunicazione da parte dell’organismo di mediazione alle parti della domanda di mediazione. L’art. 8 prevede adesso invece che l’interruzione si verifichi al momento in cui l’organismo comunica alle parti gli estremi della domanda di mediazione e la data del primo incontro. La questione acquista particolare rilievo per l’impugnazione delle delibere assembleari, soggette al termine di decadenza di 30 giorni previsto dall’articolo 1137 c.c.: per interrompere il termine sarà necessaria anche la tempestività dell’organismo di mediazione, che dovrà rapidamente inviare alle parti gli estremi della domanda di mediazione e la data del primo incontro.

Queste le principali novità dell’istituto in materia condominiale.

Il nostro forte auspicio è che questo mezzo di risoluzione delle liti alternativo alla giurisdizione ordinaria abbia un chiaro ed effettivo sviluppo e, soprattutto, possa costituire anche uno strumento importante non solo di risoluzione ma anche di riduzione della deleteria litigiosità condominiale.

Napoli, lì 25 giugno 2023                                                               Avv.Luigi Grillo

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