La pandemia “aiuta” l’eliminazione delle barriere architettoniche – Avv. Marco Ribaldone

Nell’ampio contesto della c. d. legislazione emergenziale, legata alla diffusione del Covid 19 e alla connessa pandemia, sono state introdotte nel nostro ordinamento alcune non trascurabili modifiche normative in tema di eliminazione delle barriere architettoniche. Un “effetto collaterale” positivo della terribile tragedia che ha colpito l’Italia (e non solo)

 

Il quadro normativo di riferimento

 

Quando il tema è costituito dall’eliminazione delle barriere architettoniche in condominio, il “ruolo” di protagonista tra le varie normative applicabili spetta sicuramente alla L. 9.1.1989 n. 13, rubricata “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”.

Fino alla pandemia, precisamente fino al D.L. 16.7.2020 n. 76, convertito con modificazioni dalla L. 11.9.2020 n. 120, l’art. 2 di tale legge recitava così:

Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’ articolo 1120 del codice civile”.

 

L’art. 10, comma 3, lettera a), del citato D.L. 16.7.2020 n. 76 è intervenuto su questo art. 2 e ha introdotto, dopo le parole “con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile”, quanto segue: “Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell’articolo 1121, primo comma, del codice civile. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell’articolo 1120 del codice civile

 

All’art. 2 L. 9.1.1989 n. 13 “fa eco” l’art. 1120, primo e secondo comma, n. 2), ai sensi del quale “I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto:

(…) 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche ..

 

Inoltre, il terzo comma del già citato art. 10, D. L. 16.7.2020 n. 76 introduce anche un nuovo e – per così dire – autonomo precetto normativo, che non va a modificare normative preesistenti e che recita: “Ciascun partecipante alla comunione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 del codice civile”.

 

Le novità introdotte durante la pandemia e la “direzione” seguita dal legislatore

 

A chi scrive appare piuttosto evidente che il legislatore ha preso nota e ha fatto buon uso delle indicazioni – il termine “suggerimenti” è eccessivo e fuorviante – che sono giunte dalla giurisprudenza nel corso degli anni.

 

E’ ora interessante analizzare il quadro generale, come risultante all’esito dei più recenti interventi del legislatore in subiecta materia.

Schematicamente:

  • ogni condomino può chiedere all’assemblea condominiale di deliberare – per usare le parole dell’art. 2 L. 9.1.1989 n. 13 – “innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche” e, in caso di mancata deliberazione in tal senso, può – sono ancora le parole dell’art. 2 L. 9.1.1989 n. 13 – “installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages”;
  • la giurisprudenza ha chiarito in via interpretativa che, in realtà, questa normativa trova applicazione anche a favore dei condomini non diversamente abili e anche nei condominii all’interno dei quali non risiede né lavora alcun condomino diversamente abile.

Al riguardo si possono ricordare diverse pronunce: C. Cost. 10.5.1999 n. 167, Cass. 25.10.2012 n. 18334, Cass. 28.3.2017 n. 7938 e Cons. Stato 18.10.2017 n. 4824;

  • come si è già detto, il legislatore ha colto questi forti e condivisibili segnali e ha previsto, senza alcun riferimento a disabilità o – questo il termine usato dal legislatore nel 1989 – handicap, che ciascun condomino possa “realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13 (…) anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 del codice civile”;
  • inoltre, il legislatore ha ritenuto di ulteriormente “agevolare” l’eliminazione delle barriere architettoniche, “sdoganando” i relativi interventi – che devono essere sempre considerati come “innovazioni” ex 1120 cod. civ. – per statuire espressamente che gli stessi non possono essere ritenuti illegittimi e, quindi, impediti solo perché lesivi del “decoro architettonico” dell’edificio o perché tali da rendere talune parti comuni dell’edificio “inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”;
  • il solo “limite” rimasto “in vita” – e non avrebbe potuto essere altrimenti – è quello del possibile pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato. Il che è più che logico: non avrebbe, infatti, alcun senso, per – com’è giusto – eliminare le barriere architettoniche e rendere l’edificio più accessibile, arrecare all’edificio medesimo un serio vulnus, magari tale da porre in dubbio la sua stessa permanenza “in piedi”.

 

Considerazione finale

 

E’ innegabile che il quadro normativo – sia sotto il profilo letterale dei testi di legge sia sotto il profilo dell’interpretazione dei medesimi – sta sempre più evolvendo nella direzione di mettere le persone, siano esse disabili oppure no, nella condizione di eliminare sempre più agevolmente le barriere architettoniche allo scopo di dare concretezza all’insegnamento della citata C. Cost. 10.5.1999 n. 167, secondo cui la accessibilità costituisce “una qualitas essenziale degli edifici”.

Leave a Reply