Condominio – se l’amministratore cessa dall’incarico perché perde i requisiti di legge, chi convoca l’assemblea e chi compie le attività non rimandabili? Avv. Ribaldone

E’ noto che la riforma del condominio del 2012 / 2013 ha introdotto una significativa novità in tema di cessazione dell’amministratore dall’incarico, che oggi può anche derivare dalla sopravvenuta perdita dei requisiti previsti per legge.

Cosa succede in questi casi? Chi può / deve compiere le attività urgenti?

 

I termini della questione in fatto

La situazione da prendere in considerazione è questa:

  • l’amministratore in carica perde i requisiti previsti per legge e ipso facto cessa dal suo incarico senza essere “sostituito”
  • il condominio si trova privo del suo organo esecutivo, della figura che deve “istituzionalmente” gestire il condominio (inteso come edificio condominiale, certo, ma anche come comunità di persone che vivono / lavorano nello stesso fabbricato), operando perché si formi e si esprima la volontà dei condomini, dando corpo e concretezza – attraverso l’esecuzione delle delibere assembleari – a quella volontà, occupandosi delle parti e dei servizi comuni, curando l’applicazione del regolamento e così via.

Cosa succede a un condominio, il quale si venga a trovare di colpo “acefalo, privo della figura che, più di tutti, ha il potere / dovere di “far vivere” il condominio medesimo? Chi potrà / dovrà farsi carico delle varie attività che devono essere svolte?

Questi temi sono di particolare rilevanza e interesse per quei condominii che, stante un numero dei partecipanti superiore a otto, devono per legge avere l’amministratore.

 

Il quadro normativo di riferimento

 

Le disposizioni che “entrano in gioco” sono essenzialmente tre:

  • l’art. 1129, ottavo comma, cod. civ. [Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi];
  • l’art. 71 bis, primo comma, disp. att. cod. civ. [Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro: a) che hanno il godimento dei diritti civili; b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni; c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione; d) che non sono interdetti o inabilitati; e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari; f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado; g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale];
  • l’art. 71 bis, quarto comma, disp. att. cod. civ. [La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall’incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore].

 

I termini della questione in diritto

 

La delicatezza della questione è evidente:

  • l’amministratore, il quale perda i requisiti previsti per legge, cessa dall’incarico e non può più fare l’amministratore;
  • fino alla nomina del nuovo amministratore (e anche in funzione di quella stessa nomina), tuttavia, ci sono attività da compiere. Si pensi, per citare l’incombente più palese, alla convocazione dell’assemblea per la nomina del nuovo amministratore;
  • chi è legittimato (e forse addirittura tenuto) a compiere queste attività?

 

La delicatezza dianzi accennata è insita nel fatto che, da un lato, l’amministratore privo dei requisiti – e per ciò cessato – non può, in astratto, assolvere i compiti tipici dell’amministratore e, quindi, non potrebbe neanche convocare l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore, ma, dall’altro lato, l’assemblea deve essere convocata e certe attività improcrastinabili devono essere svolte.

 

La prevalenza della cessazione dall’incarico rispetto alle ragioni che hanno causato tale cessazione

 

A parere di chi scrive, il fatto della cessazione dall’incarico è più importante e ha maggior rilievo rispetto alle cause della cessazione medesima:

  • l’art. 71 bis, quarto comma, disp. att. cod. civ. prevede che, alla perdita dei requisiti di legge, l’amministratore cessi dall’incarico;
  • a quel punto deve trovare piena applicazione l’art. 1129, ottavo comma, cod. civ., che contiene ed esprime la regola generale per i casi di “cessazione dell’incarico” in capo all’amministratore.

 

Detto altrimenti: la perdita dei requisiti è solo una delle possibili cause di cessazione dell’amministratore dall’incarico e, al suo verificarsi, l’amministratore uscente è tenuto a dare integrale applicazione all’art. 1129, ottavo comma, cod. civ.

 

La “lettura” del ruolo dell’amministratore cessato di Tribunale di Roma 5.2.2021 n. 2107

 

In epoca recente il Tribunale di Roma è intervento a dare una ragionevole “lettura” del citato art. 1129, ottavo comma, cod. civ., statuendo che i poteri dell’amministratore non più in carica, “essendo stati limitati a seguito della novella” del 2012 /2013, “devono essere rapportati all’esigenza di garantire il funzionamento della complessa organizzazione condominiale che, altrimenti, rimarrebbe paralizzata con conseguente detrimento in primis della compagne stessa”.

 

Alla luce di questa enunciazione di carattere generale, il giudice capitolino individua – per quanto qui interessa – una specifica attività dell’amministratore che rientra nell’ambito di applicazione del “nuovo” art. 1129, ottavo comma, cod. civ. e cioè la convocazione dell’assemblea quando “s’imponga l’approvazione dei bilanci onde consentire il funzionamento dell’organizzazione e non pregiudicare gli interessi comuni”.

 

Qualche riflessione

 

Il principio generale, come individuato ed enunciato dal Tribunale di Roma, è senz’altro condivisibile: se è vero che oggi la legge limita l’operatività dell’amministratore cessato alle “attività urgenti” che servono a “evitare pregiudizi agli interessi comuni”, è altrettanto vero che i condominii hanno – per usare le parole dello stesso Tribunale – una “complessa organizzazione”, il cui funzionamento deve comunque essere assicurato.

Si pone, quindi, l’esigenza di svolgere un’attenta attività interpretativa allo scopo di individuare con sempre maggiore precisione le “attività urgenti” che l’amministratore cessato può e deve ancora svolgere.

 

Tra queste non può non rientrare la convocazione dell’assemblea per la nomina del nuovo amministratore. Soprattutto – come già accennato – in quei condominii che, avendo più di otto partecipanti, sono obbligati per legge ad avere un amministratore.

 

E’ vero che il citato art. 71 bis, quarto comma, disp. att. cod. civ. prevede che, nel caso di cessazione dell’amministratore dall’incarico per sopravvenuta perdita dei requisiti, ogni condomino è legittimato a “convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore”.

E’, però, altrettanto vero che questa legittimazione del singolo condomino non esclude la legittimazione dell’amministratore uscente, ma – per così dire – “si somma” ad essa.

A parere di chi scrive, infatti, con entrambe le citate disposizioni – ci si riferisce all’art. 1129, ottavo comma, cod. civ. e all’obbligo dell’amministratore cessato di “eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni”, nonché alla facoltà di convocazione dell’assemblea che spetta ai condomini ex art. art. 71 bis, quarto comma, disp. att. cod. civ. – il legislatore ha dimostrato di attribuire prevalenza all’esigenza di “gestione” della crisi e all’uscita del condominio dalla situazione di emergenza, che l’improvvisa cessazione dell’amministratore dall’incarico ha causato. Sarebbe, quindi, del tutto illogico e contrario alla ratio della normativa precludere la possibilità che l’amministratore uscente, benché non più in possesso del requisiti di legge, provveda alla convocazione dell’assemblea per la nomina del suo successore.

 

 

Related Posts
Leave a Reply