Condominio – qualche riflessione sul “fondo morosità” – Avv. Marco Ribaldone

Una recente pronuncia della Corte d’Appello di Catanzaro (che richiama – allineandovisi – l’insegnamento della Suprema Corte in subiecta materia) fornisce l’occasione per alcune riflessioni sul c. d. “fondo morosità”, sulla modalità e sulla legittimità della sua costituzione.

 

I termini della questione

 

Di fronte alla morosità, soprattutto quando questa non è costituita da un singolo episodio, magari anche di relativa “consistenza” economica, può sorgere la necessità di “chiamare a raccolta” i condomini adempienti per far fronte alle necessità di cassa del condominio.

Detto altrimenti: può rendersi necessario che i condomini adempienti “serrino i ranghi”, fornendo risorse finanziarie, allo scopo di evitare spiacevoli – e talvolta gravi – ripercussioni sulla vita dell’intero condominio.

In queste situazioni – spiace dirlo, cresciute ed enfatizzate anche a causa della attuale pandemia e della connessa crisi economica del Paese – si ha la tendenza a cercare di “imporre” la creazione di fondi speciali, da mettere a disposizione dell’amministratore per far fronte alle possibili situazioni di emergenza finanziaria. Perché l’amministratore possa essere operativo e intervenire in quelle situazioni che nel mondo anglosassone – e ormai non solo – vengono definite come cash-flow.

 

Si pone, tuttavia, un delicato problema di legittimità delle relative delibere.

Il tema può essere riassunto come segue:

  • i condomini sono tenuti per legge a versare pro quota quanto serve per la conservazione e manutenzione delle parti comuni e per l’erogazione dei servizi comuni;
  • il condominio, in persona del suo organo sovrano e cioè l’assemblea, ha il potere di imporre il pagamento di quanto dovuto dai singoli condomini,
  • il condominio, in persona del suo organo esecutivo e cioè l’amministratore, ha il potere e gli strumenti per il recupero forzato di quanto eventualmente non versato spontaneamente;
  • è ragionevole che, in presenza di morosità significative e di fronte al concreto rischio di “scoperture” finanziarie, la compagine condominiale pensi alla soluzione di costituire un fondo cassa (per l’appunto, il c. d. “fondo morosità”), di creare una sorta di “cuscinetto”, di “ammortizzatore”, di dare cioè all’amministratore uno strumento concreto per evitare che le difficoltà finanziarie portino alla “paralisi” della vita condominiale;
  • tuttavia le delibere assembleari che incidano sui diritti dei singoli condomini – per esempio, imponendo loro esborsi cui essi non sarebbero tenuti ex 1118 cod. civ. – devono essere ritenute nulle [cfr. Cass. SS. UU. 7.3.2005 n. 4806];
  • si pone, pertanto, il tema di come procedere per arrivare a vincolare i condomini, i quali siano contrari a versamenti straordinari per “coprire” situazioni di emergenza finanziaria, e “costringerli” a sborsare quanto necessario.

 

Il tema è delicato: se non si può – pena la nullità della delibera – imporre ai condomini versamenti in denaro per la costituzione di un “fondo morosità”, allora l’unica ipotesi possibile – al di fuori della contribuzione spontanea dei singoli condomini – resta quella del consenso unanime dei condomini [inteso come una delibera adottata con il voto del 100% dei condomini e, quindi, di 1.000/1.000]. Il caso, cioè, che tutti i condomini, nessuno escluso, deliberino un versamento straordinario per far fronte alle esigenze finanziarie del condominio.

Ma questo scenario è del tutto irrealistico: come si può pensare che i condomini morosi votino per imporre anche a loro stessi un versamento extra di denaro?

 

Il consolidato insegnamento della Suprema Corte

 

La Suprema Corte è intervenuta più di una volta:

In ogni caso, il giudizio sulla legittimità della Delib. 21 luglio 1999 compiuto dalla sentenza qui impugnata è conforme all’orientamento del giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, secondo cui nell’ipotesi di effettiva, improrogabile urgenza di trarre aliunde somme, può ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo – cassa ad hoc, tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva (Cass. 13631/2001; Cass. 3463/1975)” [così Cass. 18.3.2014 n. 9083 nella parte motiva];

In mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità, espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità fissati nell’art. 1123 c.c., e, pertanto, non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi; invece, nell’ipotesi di effettiva, improrogabile urgenza di trarre “aliunde” somme – come nel caso di aggressione “in executivis” da parte di creditore del condominio, in danno di parti comuni dell’edificio – può ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo – cassa “ad hoc”, tendente ad evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva; conseguentemente sorge in capo al condominio e non ai singoli condomini morosi l’obbligazione di restituire ai condomini solventi le somme a tale titolo percepite, dopo aver identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi quanto dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri” [Cass. 5.11.2001 n. 13631]

 

Nella sua sostanza, il ragionamento seguito dalla Suprema Corte può essere riassunto e articolato così:

  1. in situazioni di comprovata emergenza, quando effettivamente il condominio ha necessità di disporre denaro che non ha a causa della morosità di uno o più condomini, è legittimo che l’assemblea adotti a maggioranza una delibera, vincolante per tutti i condomini, a mezzo della quale viene costituito un fondo-cassa straordinario;
  2. la spesa per la costituzione di questo fondo-cassa straordinario non può essere ripartita tra tutti i condomini in misura fissa e uguale perché, ai sensi dell’art. 1123 cod. civ., per questo servirebbe il voto unanime di tutti i condomini;
  3. la delibera sub a), quindi, può e deve ripartire la spesa in questione tra tutti i condomini pro quota e cioè in ragione della rispettiva “caratura” millesimale.

 

La sentenza Corte Appello Catanzaro 24.11.2020 n. 1542

 

La Corte d’Appello di Catanzaro si pone nel solco del sopra ricordato insegnamento giurisprudenziale: prende in considerazione “l’istituzione di un fondo speciale, nell’ipotesi di effettiva improrogabile urgenza derivante dalla morosità di alcuni condomini e dalle necessità di ripianare i debiti accumulati dal condominio per effetto di detta morosità con sollecitudine ..” e la definisce – proprio richiamando l’insegnamento di Cass. 18.3.2014 n. 9083 e di Cass. Cass. 5.11.2001 n. 13631 – “astrattamente possibile”.

Parimenti, la Corte d’Appello di Catanzaro evidenzia che la ripartizione del denaro, destinato a uscire dalle tasche dei condomini e a confluire nel “fondo morosità”, deve necessariamente avvenire pro quota in base ai millesimi di proprietà, essendo esclusa la validità di una ripartizione per quote fisse, uguali

 

Una voce dissonante

 

Come accennato, la Corte d’Appello di Catanzaro si pronuncia “sulla scia” di un insegnamento preesistente piuttosto consolidato.

Rispetto al quale chi scrive – fatti salvi la consapevolezza dell’autorevolezza e del prestigio di tale insegnamento e il doveroso rispetto per esso – si trova in disaccordo.

Non certo sotto il profilo del criterio di ripartizione della spesa – criterio che non può che essere quello generale, indicato dal primo comma dell’art. 1123 cod. civ. con le parole “in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno” – ma sotto il più generale profilo della validità di una delibera che imponga a maggioranza l’istituzione del “fondo morosità”.

 

Al riguardo, il ragionamento è molto semplice:

  • le delibere, le quali impongano ai condomini spese cui gli stessi non sono tenuti per legge, sono – si richiama Cass. SS. UU 7.3.2005 n. 4806 – nulle;
  • l’istituzione del “fondo morosità” non è obbligatoria;
  • la delibera, che imponesse tale istituzione, sarebbe nulla.

 

E’ ben vero che la giurisprudenza circoscrive la validità di simili delibere alle situazioni di grave e improcrastinabile emergenza finanziaria, ma chi scrive non vede come queste situazioni – la cui importanza e gravità non viene affatto qui disconosciuta – possano prevelare sul principio generale e rendere legittima l’imposizione (di regola, vietata) di oneri non dovuti per legge. Come, cioè, si possa ritenere legittima l’imposizione di esborsi non dovuti.

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