Nella sentenza n. 22958 della Suprema Corte, pubblicata in data 22.7.2022, si trovano alcune interessanti puntualizzazioni in ordine alla delega che ciascun condomino può conferire ex art. 67, primo comma, disp. att. cod. civ. – a un altro condomino o a un terzo – per essere rappresentato nell’assemblea.
Due gli aspetti affrontati: la delega parziale e la reazione all’eventuale “deragliamento” del delegato rispetto alle istruzioni del delegante
I due punti affrontati da Cass. 22.7.2022 n. 22958
Con ordine:
- la prima questione attiene alla possibilità che il condomino incarichi un altro soggetto di partecipare in sua vece all’assemblea condominiale limitatamente a uno o più punti dell’o.d.g., conferendogli quindi una delega parziale e circoscritta;
- il secondo aspetto è relativo all’ipotesi che il delegato non si allinei alle indicazioni ricevute ed esprima un voto diverso da quello che aveva in mente il delegante.
Per quanto sub a) la domanda a cui dare risposta è molto semplice: la delega ex art. 67, primo comma, disp. att. cod. civ. può essere limitata solo a una parte dell’o.d.g. oppure deve necessariamente riguardare tutto ciò che costituirà oggetto di discussione e voto in assemblea?
In ordine a quanto sub b), il quesito è il seguente: chi e come può reagire nel caso in cui il delegato non si attenga alle istruzioni ricevute dal delegante ed esprima un voto diverso da quello che avrebbe dovuto manifestare, con ciò alterando l’esito della votazione finale e, con esso, il contenuto della delibera?
Le statuizioni di Cass. 22.7.2022 n. 22958
Sul primo dei due punti di cui dianzi le parole della Suprema Corte sono state queste: “Ha, allora, errato la Corte d’appello (…) a sostenere e in motivazione che non è ammessa una “delega parziale”: a norma degli artt. 1708 e 1711 c.c., dovendo piuttosto affermarsi che ogni condomino può conferire delega ad un rappresentante per intervenire all’assemblea fissando i limiti del mandato, e dunque anche soltanto per uno o più degli argomenti da trattare all’ordine del giorno”
Sono parole di una chiarezza tale da rendere superfluo qualsiasi commento: si deve affermare che “ogni condomino può conferire delega ad un rappresentante per intervenire all’assemblea (…) anche soltanto per uno o più degli argomenti da trattare all’ordine del giorno”.
Sul secondo dei due punti di cui dianzi le parole della Suprema Corte sono state queste:
- “ove un condomino impugni una deliberazione dell’assemblea, assumendo che la stessa sia stata adottata in forza del voto di un “falso” (o “infedele”) delegato, voto che abbia inciso sulla regolare costituzione dell’assemblea o sul raggiungimento della maggioranza deliberativa prescritta dalla legge o dal regolamento (…) occorre considerare come i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato vadano disciplinati in base alle regole sul mandato, con la conseguenza che solo il condomino delegante deve ritenersi legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto. (Cass., Sez. 2, 30/01/2013, n. 2218; Cass. Sez. 2, 07/07/2004, n. 12466)”
- “Era comunque il solo condomino delegante legittimato a far valere l’esorbitanza dell’attività della delegata rispetto ai limiti del mandato conferitole”.
Anche in questo caso la Corte è stata chiarissima: “solo il condomino delegante deve ritenersi legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto”.
Considerazioni a commento
Ad avviso di chi scrive la prima delle due statuizioni di cui sopra è condivisibile:
- il mandante ha la più ampia libertà di individuare – e, quindi, circoscrivere – l’oggetto del mandato e non esiste alcuna norma che ponga limiti a questa facoltà;
- tutto questo può essere “trasdotto” come segue: nulla vieta al condomino delegante, preso atto dell’o.d.g. dell’assemblea, di decidere di farsi sostituire da un altro soggetto limitatamente a una sola parte dell’assemblea e cioè unicamente ad alcuni – e non a tutti – i punti inseriti nell’o.d.g.;
- ne viene che la delega “parziale” deve ritenersi permessa a tutti gli effetti;
- del resto, il condomino avrebbe l’insindacabile diritto di partecipare all’assemblea e alla votazione solo relativamente ad alcuni dei punti dell’o.d.g. e, quindi, di lasciare la riunione, risultando assente nella trattazione degli altri argomenti. Non si vede per quale ragione il delegato non possa avere questa medesima presenza “a singhiozzo”.
Si ritiene che la Corte abbia fatto buon governo e corretta applicazione anche delle norme sul mandato, rilevanti nell’affrontare il secondo punto e nel pronunciare la seconda delle due statuizioni di cui sopra:
- l’inosservanza, da parte del mandatario, delle indicazioni del mandante costituisce né più né meno che un inadempimento contrattuale e assume rilievo nel rapporto tra questi due soggetti;
- tale rilievo vale unicamente nell’ambito di tale rapporto: i condomini singolarmente e l’assemblea collegialmente sono – e devono essere ritenuti – estranei a esso, con la conseguenza che il citato inadempimento non può essere strumentalizzato per “attaccare” la validità della delibera.
Ne viene che la delibera adottata con il contributo del voto espresso dal delegato non sarebbe impugnabile da parte del delegante sotto il profilo della difformità di tale voto rispetto alle istruzioni del delegante. Per l’assemblea, infatti, il delegato è lì in rappresentanza e sostituzione del delegante e ha pieni poteri: se ciò che egli fa non soddisfa il delegante, la cosa non può avere alcun rilievo per l’esito dell’assemblea.
Si aggiunga che, in ogni caso, dovrebbe comunque trovare applicazione anche qui la c.d. “prova di resistenza” e cioè l’operazione con cui si “pesa” il voto infedelmente espresso dal delegato.
Per essere chiari: quali che fossero le intenzioni del delegante in ordine al voto da esprimere, il rilievo secondo cui l’eventuale espressione di un voto diverso rispetto a quello pronunciato in assemblea non avrebbe comunque portato a una decisione di contenuto diverso preclude qualsiasi pronuncia di invalidità della delibera.
Avv. Marco Ribaldone